Blonde di Frank Ocean è stato probabilmente il disco attorno al quale si è creato – non solo in territorio statunitense – il più elevato hype musicale degli ultimi anni. Diventato virale ancor prima della sua estenuante uscita, ha visto Frank in questi lunghissimi quattro anni di assenza e silenzi diventare protagonista di svariati meme e post in giro per il web. Ma andiamo con ordine.

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Risale a quattro anni fa l’uscita del primo studio album di Frank Ocean channelOrange, preceduto da Nostalgia,Ultra – il mixtape che aveva fatto già largamente intuire le capacità interpretative e di songwriting dell’artista. La consacrazione arriva col debutto in seconda posizione della Billboard Hot 200 e la vittoria ai Grammy del 2013 nella categoria Best Urban Contemporary Album, oltre a svariate nomination nelle categorie Album of The Year, Best New Artist e Record of the Year per il singolo Thinkin Bout You ormai pietra miliare dell’rnb contemporaneo. Ed è proprio questa la ragione di tutto questo hype. Frank Ocean ha stabilito con channelOrange una sorta di spartiacque nel mondo urban che ha spianato la strada negli anni successivi ad artisti come The Weeknd e Miguel. Ha cambiato il modo di concepire l’rnb, innalzandolo da un livello più tradizionale e “puro” ad un livello contaminato dall’elettronica e dalle distorsioni sonore tipiche del mondo Bon Iveriano. La stima da parte dei colleghi che ne hanno fiutato il potenziale ha fruttato nei mesi immediatamente successivi tramite la release di vere e proprie perle del rap moderno come No Church In The Wild di JAY Z e Kanye West (che fa vincere a Frank il suo secondo Grammy) e Superpower di Beyoncé. Ma Frank è diventato anche il simbolo della caduta di un cliché che fino ad allora il mondo dell’hip-hop non era riuscito a scrollarsi di dosso. Grazie al suo coming out infatti è andato contro quei pregiudizi da sempre quasi tratto caratteristico del microcosmo musicale di cui fa parte. E dal suo discorso ai Grammy credo che i “faggot” nei fraseggi rap dei vari 50 Cent e Rick Ross siano diminuiti del 70%. C’è da dire che a qualcuno però la sconfitta contro questo nuovo modo di concepire l’rnb non andò proprio a genio, ma ci pensò Adele con un’occhiata di disprezzo a risolvere la questione facendogli spontaneamente sollevare le natiche dalla postazione per la standing ovation.

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Ma veniamo al disco. Blonde o Blond è un disco che riparte proprio da questa “E” che – presente nei credits e assente sulla copertina del disco – rappresenta la bisessualità del cantante ma anche il suo “dualismo musicale” ancor più radicato. L’album è stato anticipato dal visual ENDLESS, più che un album vero e proprio una sorta di mixtape ricco di bozze e interlude che con le produzioni di James Blake e i back vocals di Jazmine Sullivan (grazie Frank per averla riportata in auge) ci preparano all’idea di doverci staccare completamente dall’aspettativa di un prosieguo di channelOrange. Da sottolineare come la stretta collaborazione con Beyoncé non ci permette di capire a chi tra i due sia venuta per primo in mente l’idea del visual album, perché stando alle parole del fratello di Frank il progetto gli ha richiesto 16 ore di lavoro al giorno per ben 2 anni, mentre Beyoncé (leggasi: il suo team) è stata sicuramente più furba a batterlo nelle tempistiche. Ma ENDLESS più che un vero e proprio visual album si è rivelato essere un Troll Album con cui Frank ha chiuso il suo periodo contrattuale con la Def Jem Records. Della serie “Ok, rilascio questo antipasto di scarti sotto la vostra etichetta perché sono obbligato ma il disco vero e proprio lo faccio uscire da indipendente giusto 2 giorni dopo”. A quanto pare i rapporti non proprio idilliaci con la casa discografica (Universal, che si occupa della distribuzione di Def Jem nel mondo) hanno influito anche sul costante rinvio della release del disco. E la strategia da indipendente sembrerebbe aver funzionato alla grande. Billboard riporta stime di vendita attorno alle 296 mila copie per la settimana di debutto di Blonde (più del doppio di channelOrange) e se tali stime dovessero rivelarsi vere, oltre che la numero 1 della Billboard, Frank porterebbe a casa anche il record di terzo disco col debutto più corposo dell’intero 2016 subito dopo Lemonade di Beyoncé  e Views di Drake.

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Blonde – rilasciato in esclusiva su Apple Music nella notte tra il 20 e il 21 Agosto, 17 tracce con prevalenza di midtempo e qualche interlude qua e là  contrariamente a quanto si possa pensare non ha la pretesa di essere un album “concettuale”. Principalmente perché tratta delle esperienza personali dell’artista, dei suoi sentimenti, con qualche strigliatina ai vizi odierni della società e riferimenti a tematiche per l’appunto sociali. Stilisticamente invece rappresenta un grosso rischio, perché Frank Ocean ha alzato l’asticella. Senza mezzi termini: se siete fan del pop preconfezionato e dell’rnb di stampo tradizionale, il disco non vi piacerà. Così come non è detto che vi piaccia se avete apprezzato il precedente channelOrange. Oltre a non essere di impatto immediato e digeribilità facile, Blonde è uno di quegli album che si ascoltano con la testa. Uno di quegli album che vanno assimilati col tempo. Bisogna entrare nell’ottica dell’artista che volontariamente decide di progredire, di non replicarsi, di contaminare la sua scrittura e il suo stile col nuovo che avanza. Quasi portandolo all’eccesso della distorsione, anche solo per puro manierismo. E personalmente aggiungerei, in un panorama musicale in cui impacchettare album per “artisti” che ci mettono solo la faccia è all’ordine del giorno, quanto è bello e stimolante non capire un disco? Quanto è bello un album che richiede impegno nell’assimilazione tanto quanto ne ha richiesto nella produzione? E la centralità di Frank Ocean domina anche nella scelta dei featured artist che quasi rivoluzionariamente vengono “declassati” a semplici cameo. I credits spazziano dai campionamenti e citazioni di grandi icone come Bowie e i Beatles, ai back vocals di Beyoncé, ai contributi di Kanye West, Kendrick Lamar e André 3000 che rappa nella “Solo (Reprise)” in cui – manco a dirlo – si dissano gli artisti che sfruttano i cosìdetti ghostwriter per i propri lavori.

Il singolo, nonché traccia di apertura Nikes, è una sorta di critica metaforica alla società materialistica in cui viviamo. Le sneakers ne rappresentano quasi una sineddoche. Frank canta la prima parte con la voce modificata al limite del distinguibile (ma direi anche al limite del confine tra umano e Chipmunk) e conclude l’ultima strofa con la sua voce al naturale. Le tre perle del disco sono rispettivamente: Pink + WhiteSelf Control e Nights. Chitarre, piano e voce la fanno da padrone nei primi due di questi pezzi. I cori di Beyoncé in Pink + White (i due colori dovrebbero rappresentare rispettivamente l’organo sessuale femminile e la cocaina) non sono invasivi, ma di contorno. La voce rotta di  Frank su Self Control lascia passare tutto il trasporto con cui il cantante si rivolge all’idealizzazione del desiderio incontrollabile di avere qualcuno che non potrà mai essere tuo (un po’ una Bad Religion 2.0). Mentre Nights è divisa in due parti: la prima decisamente più rap e aspra, la seconda caratterizzata da un beat più slow che parte al minuto 3.29 – minuto che segna anche la fine esatta dei primi 30 dell’intero album. Altro tocco di classe. In Good Guy invece il destinatario è un ragazzo con cui Frank non è riuscito a portare avanti una relazione a causa delle difficoltà che una relazione omosessuale può incontrare in una compagnia di amici etero, con i pregiudizi che ne conseguono. Frank Ocean in Blonde è riuscito a dare un certo spessore anche agli interlude, che soprattutto nei dischi black sono un must stilistico di cui vado personalmente pazzo. Per molti inutili, per me fondamentali. Ed in questo disco è il caso per esempio della ramanzina della mamma di Frank Ocean in Be Yourself che invita il figlio (ma in realtà tutti i giovani) tramite telefonata registrata a non lasciarsi fregare dalle droghe, dall’alcool, ad essere sempre se stessi e a non emulare nessuno. Perché la marijuana rende pigri e stupidi, così come l’emulazione degli stereotipi, del figo. Nell’interlude Facebook Story invece un ragazzo racconta di come la sua storia sia finita dopo 3 anni perché lui si rifiutava di accettare la richiesta di amicizia della fidanzata sul social, pur vivendoci insieme. Altra frecciatina di Frank al modo attuale di vivere e concepire i sentimenti e le relazioni. White Ferrari è fortemente contagiata dalla mano di James Blake, la produzione introspettiva ne risente stilisticamente. Mentre l’apporto di Kendrick Lamar in Skyline To è purtroppo quasi insignificante ma c’è sempre la speranza per un remix post release.

Blonde potrà suonare eccessivamente psichedelico e ipnotico, pesante negli esercizi stilistici e nelle sporcature. Probabilmente perché la discografia di Ocean non ha conosciuto passaggi intermedi come quella di Kanye nel progressivo passaggio da Late Registration all’eccessività di Yeezus, ma è un disco valido. Sudato e studiato fin nel più piccolo dettaglio. Un disco che ha soddisfatto l’hype e le attese e che la critica ha già acclamato con un punteggio di 90/100 come secondo miglior disco dell’anno. L’unico limite che gli si pone davanti è probabilmente la pigrizia di chi ascolta, la pigrizia di chi si aspettava di ritrovare lo stesso autore e interprete di 4 anni fa.

TRACKLIST:

1. Nikes
2. Ivy
3. Pink + White (ft. Beyoncé)
4. Be Yourself
5. Solo
6. Skyline To (ft. Kendrick Lamar)
7. Self Control (ft. Austin Feinstein & Yung Lean)
8. Good Guy
9. Nights
10. Solo (Reprise) (ft. Andre 3000)
11. Pretty Sweet
12. Facebook Story (ft. SebastiAn)
13. Close to You
14. White Ferrari (ft. James Blake & Bon Iver)
15. Seigfried
16. Godspeed (ft. Kim Burrell)
17. Futura Free