bnhHQ Era il gennaio 2011 quando Adele pubblicava il suo (allora) nuovo album, ‘21‘. Il mondo discografico, sconvolto dalla vocalità prorompente di questa giovane interprete inglese, premiò con fior fior di recensioni a 5 stelle questa release. Il disco ha venduto oltre 30 milioni di copie a livello mondiale. È stato l’album più venduto negli Stati Uniti sia nel 2011, sia nel 2012, ed è stato certificato disco di diamante dalla Recording Industry Association of America nel novembre 2012. Tantissimo il sostegno anche dagli addetti ai lavori e dagli stessi colleghi cantanti: Celine Dion si è più volte dichiarata una grande fan di Adele (tanto che nel suo show a Las Vegas eseguiva anche una cover di ‘Rolling In The Deep’) ed aveva tirato un sospiro di sollievo perché, a detta sua, col successo di Adele tornava “hip” quel belcanto da ballad strappalacrime di cui la stessa Dion è interprete indiscussa. Siamo nel 2015, e di Adele non si ha più alcuna traccia: lo scorso anno si vociferava di una “uscita a sorpresa” à la Beyoncé di un nuovo album, possibilmente intitolato ‘25‘, poi la notizia della sessione di registrazione con la songwriter Diane Warren e la conferma che il nuovo album di Adele aveva bisogno di un periodo di gestazione più lungo. Forse la paura del flop. Forse la paura che il successo di ’21’ non era poi tanto legato a quel millantato ritorno al “belcanto”, ma al personaggio di Adele che – provenendo da un percorso “indie” (la sua etichetta era la indipendente XL) – era vista come l’esordiente dalla bella voce che conquistava le classifiche di mezzo mondo. Diciamocela tutta: anche noi ci siamo stupiti quando in classifica per mesi abbiamo visto brani come ‘Someone Like You‘ e ‘Turning Tables‘ che un po’ stonavano con l’ondata di EDM e pop-dance che spopolava in quegli anni. Ieri, durante la premiazione della Migliore Canzone agli Oscar abbiamo avuto la conferma che il mondo non è stato affatto riconquistato da quelle pop-ballad cheesy tanto care a chi ha vissuto a pieno, musicalmente parlando, gli anni ’90. Tant’è che alle “easy song” di Adam Levine e Rita Ora s’è preferito premiare l’r&b/soul/rap di John Legend e Common. È stato premiato il significato, più che la canzone che, diciamocela tutta, di per sé è banalotta. Questo a dimostrazione che a fare “buzz” per un artista non è l’aspetto meramente musicale in sé, ma è quel “quid” che lo rende “appetibile”, mediaticamente parlando. Quindi, cara Adele, se oltre alle tue belle canzoni cantante con la tua bella voce non hai ancora pronto quel “qualcosa” che potrebbe far parlare ancora di te, aspetta a far uscire il tuo album e, come concluderebbe Paola Cortellesi, “magna pure tranquilla!”