Abbiamo incontrato il rapper Moreno Donadoni in occasione dell’uscita del suo nuovo album in studio “SLOGAN”, interamente prodotto da Big Fish e disponibile su tutte le piattaforme e in tutti i negozi di dischi dallo scorso 2 Settembre e anticipato dai singoli Un giorno di festa e Slogan.

Ecco quello che ci ha raccontato ai microfoni di #freeCONTEnt.

Questo disco parte da un parallelismo metaforico tra ciò che significa l’essere un artista, il fare musica e ciò che è essere un prodotto. Tu che proveniendo da un talent sei stato come tanti bersaglio della solita polemica dell’essere svenduto come un “prodotto usa e getta da talent show”, come hai vissuto questo tipo di polemica e come si è riflessa nel processo creativo del disco?

In generale ero così ingenuo quando mi era stata proposta l’esperienza televisiva e avevo fatto così tanta gavetta nei contest di freestyle che avevo preso anche con entusiasmo la chiamata da una rete televisiva così importante. Poi andando avanti e facendo un pochino i conti con i commenti e con quella che è la tradizionalità del rap, ho capito dove si voleva andare a parare. Ma tutto ciò lascia il tempo che trova, la televisione ingrandisce un qualcosa – è vero – ma il talento a prescindere nel lungo si vede e quello che hai fatto prima è importante per poter essere arrivato lì. Sulla cosa dell’essere un prodotto ci ho scherzato in Slogan quando mi sono reso conto dopo che le schede degli artisti che fanno parte di un’etichetta discografica sono tantissime, tutti sono utili e nessuno è indispensabile. Ognuno deve fare il suo per far prevalere la musica. E allora ho voluto giocare in chiave ironica con la cosa del prodotto, dello slogan, dei marchi pubblicitari senza prendermi sul serio e facendo prevalere la bella musica e non i pregiudizi.

Ecco, restando sempre in tema pregiudizi: nel mondo musicale dal quale provieni  – anche se ormai è trita e ritrita – impera ancora la “discriminazione” tra rap underground e commerciale. Come hai vissuto tutto ciò, ha in qualche modo influenzato negativamente il tuo percorso?

Io sono un ragazzo molto fortunato di poter lavorare con ciò che più mi piace fare. Sinceramente dipende, da come si vuole interpretare questo tipo di critica. L’underground ormai spesso strizza l’occhio al pop, ma poi c’è il pop che è troppo commerciale, eri sempre meglio prima rispetto ad oggi. A me piace guardare me stesso, ma se devo soffermarmi a guardare gli altri gli scheletri nell’armadio ce li hanno tutti. Se il problema è il talent o la televisione allora non dovresti nemmeno andarci come ospite a presentare il tuo prodotto, per essere coerente. Non dovresti prestare la tua voce a pubblicità o sponsor. E penso che tutti gli artisti della scena rap italiana e non abbiamo nella propria carriera qualcosa per cui storcere il naso, sono in pochissimi quelli che hanno seguito un filone di coerenza. Preferisco pensare che è brava una persona che ha creduto nei propri mezzi per poter arrivare a costruirsi le basi per una vera e propria vita grazie alla cosa che più gli piace. E ribadisco, sono in pochi a potersi permettere di fare un ragionamento del genere.

Torniamo a “Slogan”, una differenza evidente rispetto al disco precedente sono le collaborazioni. I canonici 5/6 featuring – che soprattutto nei dischi rap sono quasi un cliché – si sono ridotti ad una sola collaborazione, tra l’altro con Deborah Iurato che è stata la vincintrice di Amici nell’edizione in cui tu sei stato coach. È stata una scelta voluta, quasi a voler rafforzare e rimarcare un legame col passato? Credi, inoltre, che grazie a questo espediente il disco permetterà alla tua cantautorialità di venire fuori in maniera più evidente e segnerà in qualche modo la tua maturazione artistica?

A dirti la verità quando ho iniziato dieci anni fa con il mio gruppo a Genova non facevamo già molte collaborazioni di nostro. Quindi sono cresciuto un po’ con questa cosa di non farne molte. Una volta che sono esploso con il primo disco, Stecca, ho avuto la possibilità di togliermi delle soddisfazioni personali ricevendo consensi e proposte da parte di grandi artisti con cui mi faceva piacere collaborare. Questo anche nel secondo disco. Ma visto che ne avevo fatte parecchie era giusto in questo terzo album far prevalere più me e scoprirmi di più all’ascoltatore. E rispondere velatamente con la musica e con i fatti a chi si chiedeva “Ma i testi glieli fa qualcun’altro, Fabri Fibra?” o cose del genere ed essendo freestyler tutto ciò mi ha sempre fatto sorridere. Visto che provengo da una città ricca di cantautori (e nel mio sono anche io un cantautore) era giusto che facessi uscire questa cosa. Il pezzo con Deborah non era neanche preventivato. È nato come dovrebbero essere tutti i featuring, spontaneamente. Il ricordo della sua vittoria come concorrente ad Amici quando ero coach è il mio passato ma non è poi così lontano ed è una cosa di cui sono molto felice e che porterò sempre nel mio bagaglio. Allo stesso tempo quando ci siamo visti a Milano, visto che siamo lì entrambi per lavoro, parlando del disco è successo che le ho fatto sentire la base di questo pezzo e la sua voce ci stava benissimo sopra. Per cui l’abbiamo inciso così. E sono molto felice perché la canzone è prima nella Top50 Virale di Spotify, il che è uno schiaffo morale a chi poteva pensarla come una collaborazione futile e inutile dato che il disco non ha collaborazioni o comunque troppo legata ad Amici. Ai fan invece piace molto perché, oltre ad essere una bellissima canzone, percepiscono questa cosa di amicizia tra le persone.

Se dovessi scegliere, a parte Slogan che è il singolo-manifesto del disco, due pezzi rappresentativi dell’album quali sceglieresti?

Mah, allora sceglierei “Alba di Domenica” perché mi piace molto l’atmosfera che c’è all’interno. Ha una luce positiva. E poi “Anti Rap”, giusto per fare un po’ gli opposti. Che in realtà è ciò che sono io, un Tao: alternanza tra bene e male. all’interno del bene c’è un po’ di male e viceversa. E anche perché mi piace la differenza tra il fare una bella canzone speranzosa – che sia tecnicamente una canzone – e un testo rap che è sempre un allenamento, un mettersi alla prova coi tecnicismi del mio mondo, oltre che un ricordo delle battle di freestyle da cui provengo. Un percorso a cui rimarrò legato sempre.

 

Qui per ascoltare l’intervista e la prima puntata di #freeCONTEnt: https://www.mixcloud.com/radiostonata/freecontent-2×01-15092016/